venerdì 25 dicembre 2020

Non abbandonarci alla tentazione.

Tempo fa venne in visita da me Sesac; e mi consegnò questo racconto che pubblico, come sempre, assai volentieri. Lo aveva composto lo scorso anno e facendomi visita prenatalizia era intenzionato a darmelo; ma per puro accidente gli rimase nella borsa. Sicché, avendomelo riportato, lo pubblico ora.  Tratta, come consuetudine, della vita degli animali della foresta e dei fatti di un tempo che fu.

Colgo l’occasione, in particolar modo per questa festività bersagliata dal Covid-19, per porgere a tutti i lettori i miei più sinceri auguri di

 

Buon Natale e felice Capodanno!

 

Sam Cardell

Tratto da “i Dialoghi” di Sesac

Non abbandonarci alla tentazione.

 

 

La notte era già calata da tempo, favorita in ciò dal solstizio invernale.

S’era alla vigilia di Natale. Di uno di quei natali che si rincorrono periodicamente quasi alla fine d’ogni anno solare. Un tempo per la gioia interiore di grandi e piccini; ora, quasi per la sola felicità di molti stomaci e degli affari di innumerevoli aziende, anche se la crisi mordeva il portafoglio di tutti.

 

Leone aveva avuto una di quelle sue mitiche giornate che ormai lo prostravano nel fisico, ma lo ringalluzzivano nella mente, rendendolo partecipe d’essere una persona anomala: molto atipica, e sfuggente a ogni comune considerazione.

Da tempo, infatti, stava eseguendo lavori in casa propria; che benché per lui fosse una piccola badia, per gli altri era un grande appartamento di oltre 200 mq calpestabili.

Da oltre un anno procedeva nei lavori, intramezzati da lunghe pause per via degli acciacchi fisici che da oltre un lustro lo avevano colpito. Colpito, ma non prostrato o ridotto a miti consigli.

Di ciò spesso la Leonessa ‘rompeva’, in ogni senso: sia per la casa ch’era un cantiere, sia per l’impegno fisico cui Leone si sottoponeva, nonostante il suo stato. Anche se Leone rammentava in sé pure il mugugnare di lei, quando gli aveva ribaltato un paio d’anni prima la casa etrusca; tanto che quella temette seriamente d’essere … rimasta senza dimora. Salvo poi riprendersi quando se la vide rinascere … totalmente nuova. Ripresasi sì, ma comunque scioccata dal pericolo … corso. Perché, in sostanza, la Leonessa ignorava, come Tommaso, le capacità reali di Leone: non ci credeva finché non ci sbatteva il naso. E pure anche dopo.

Era tuttavia lontana, anche se ormai prossima all’arrivo.

Leone aveva due massime, di cui la seconda era sequenziale alla prima: a) la casa dev’essere al mio servizio e non io schiavo a questa; b) in qualsiasi stato questa sia, se uno vuole vi entra, se non gli sta bene se ne stia pure fuori.

Per la Leonessa, invece, era più importante il decoro. Quel decoro fine agli altri e non a sé stessi, perciò all’apparire diversi da quel che si è.

 

Fuori il borgo era un brusio di gente che andava e veniva per il presepio vivente, bighellonante come solo i beoti in attesa della novità fantasmagorica sanno fare.

In giornata, molte persone indaffarate avevano impiastricciato alla carlona le antiche vie, rendendole quasi un … cesso di paccottiglia. Un kitsch miserevole che però inorgogliva il druido burino, convinto, come il pollo del Mugello, che il solo correre e fare fosse di per sé già una … perfezione degna del paradiso.

Costui, tuttavia, da quando Leone gli aveva rifilato una propedeutica e metaforica tirata d’orecchie, s’era ammansito assai, migliorando e affinando il suo modo di essere, tanto comportamentale che verbale.

Leone, uscendo per commissioni in mattinata, non aveva potuto che rilevare che tra gli addobbatori molti ‘bestemmiatori’ di professione erano all’opera; non si sa se per invocare il bambinello o se colpiti, come Paolo di Tarso, sulla via di Damasco. Gente che, per inciso, vedeva l’interno della pieve al massimo un paio di volte l’anno; oppure in quel paio, o poco più, di rade occasioni in tutta la vita nelle quali gli occhi sono ancora per lo più chiusi: battesimo (barlume di conoscenza), matrimonio (occhi velati dai sensi) e funerale (occhi chiusi nella pace eterna).

 

In giornata Leone s’era dedicato all’atrio.

Per tutti gli altri sarebbe già stato finito, ma non per lui. Lo stava, infatti, perfezionando con bordini e battiscopa pregiati in rovere massello, con quella sua meticolosa e pignolesca cura dei particolari che differenziano sempre il lavoro comune da un’opera d’arte. La sua massima in proposito era: un professionista non deve mai eseguire un lavoro allo stesso modo due volte, ma dall’esperienza del fare deve sempre trarre lo spunto per migliorare.

Perciò era stanco e tutto un dolo.

Assiso sulla sua poltrona, dopo cena, stava rivedendo sul monitor alcune foto della cascina, che da tempo lo vedeva assente. Non che questa gli mancasse, ma lassù gli pareva di respirare un’aria diversa. La natura, infatti, non è mai effimera come molti mortali.

Fu così che, nel tepore di casa, Morfeo sopraggiungesse e che lo screensaver abbuiasse il monitor.

 

Sonnecchiando, Leone era come se fosse in vetta allo Sparavento. Il suo guardo planava a sud sul freddo mare nebbioso della piana, per poi virare ad est sugli scintillanti e tersi laghi, per puntare infine a nord sulle candide e raggianti creste solive innevate dell’Alpe.

Come quasi sempre, Leone faceva due cose simultaneamente. Infatti, pure quando dormiva, era solito svolgere alcune delle sue lectio magistralis filosofiche o scientifiche che in passato lo avevano reso famoso in importanti tavole rotonde, in conferenze di livello o in rinomati atenei del globo.

Perciò, dormendo, gli parve di sentire come bussare. Non alla porta di casa, ma dall’interno del monitor sullo schermo. Questo, pur senza l’uso del mouse, s’illuminò e un bambinello splendente e raggiante di gioia cominciò a dialogare con lui, che tuttavia continuò a dormire.

Dormiva; ma comunque Leone lo vedeva dentro di sé.

 

D: Scusa Leo, ti disturbo?

L: Nient’affatto! Basta che non mi svegli. Come sai, Buon Dio Bambinello, ho bisogno di recuperare. Solo in casi estremi faccio ricorso alla chimica; nella normalità preferisco il metodo naturale.

D: Sai, non vedendoti nella pieve alla Mia Natività, ho pensato bene di lasciare ai loro oremus i Miei fedeli e di venire a visitarti, per stare un po’ con te. Tanto loro, che Io ci sia o non ci sia, manco se ne accorgono. A loro basta un’effige o una statua. Tutto il resto è superfluo.

L: Quanto onore Buon Dio! Dimmi: non vorrai forse imitare Maometto?

D: Capisco che intendi, secondo il detto: se la montagna non va a Maometto, allora Maometto andrà alla montagna.

L: Già; proprio così. Il miracolo ha sempre le due facce della medaglia.

D: Vero. Però devi anche tener presente che Io sono in ogni luogo. Io sono l’Immenso.

L: Beh, se la metti così allora Ti dirò: io, invece sono il tuo contrario. Infatti sto qua e non anche nella Tua pieve.

Però, dimmi: quante volte mi hai visto nella pieve alla Tua Natività?

D: Leo, oggi è la Mia festa. Perciò non accetto provocazioni.

L: Capisco. Allora riformulo la domanda: sei appena nato e parli meglio di quando predicavi. Sei un portento di precocità, considerato che hai appena emesso il primo vagito. Hai già sorbito pure il colostro dalla vergine? Sai, quello è pesante e molti infanti poi lo vomitano.

D: Tranquillo, Leo. Vedo che sei sempre uno scanzonato mattacchione. Non ti insozzerò la tavola, stanne certo.

Tuttavia sono venuto per un’altra questione, essendo molto che non ti vedo lassù a dialogare con me.

L: Non sarai venuto a sincerarti se fossi schiattato? Infatti, discolo come sono, mica sono destinato al Tuo Regno.

D: Questo non si sa. Solo il Padre lo sa. Al Figlio non è dato saperlo.

L: Vero, secondo i Tuoi teologi. Però non essere così modesto, che poi la Tua Onniscienza va a ramengo. Vai, comunque al sodo e non divagare troppo.

D: Ricordi la nostra ultima discussione sulla Redenzione(La redenzione.)  Ebbene, mi ha sconvolto! Ovviamente in senso positivo.

Pure il Padre, poi, è rimasto … perplesso. Ho avuto l’impressione che pensasse che gli sia sfuggito, allora, l’essenzialità della cosa. L’ho visto molto pensoso e a tratti accigliato, come se ce l’avesse con sé stesso. Un po’ come quando tu fai un errore e ti maledici dandoti del rimbambito e del rincoglionito mille volte.

L: Meno male che hai specificato. Da quanto dicevi m’era venuto il dubbio che si fosse assai incavolato con me.

Non mi dire così, però! Che poi va a finire che devo riformulare i Vostri trattati teologici. Non ho alcuna voglia di cimentarmi in un’opera così titanica e … inutile.

D: Non credo, Leo. Tu, se del caso, non faresti teologia, bensì vera teosofia.

L: Capisco che sia la Tua festa, capisco che sia pure Natale, capisco pure che Tu oggi possa essere ‘più buono’ del solito; tuttavia non vorrei poi darTi il lecchino d’oro per tale esternazione di stima.

D: Burlone!

Che ti scrisse quel Mio eminente alto prelato e monsignore dopo aver letto l’articolo: lei mi ha sconvolto in senso positivo. Lei mi ha proiettato in un mondo teologico nuovo che non avevo mai neppure ipotizzato.

E l’altro, sempre di pari rango, che ti disse dopo aver letto il tuo ‘E non ci indurre in tentazione’?(E non ci indurre in tentazione.)

Ricordo bene che così ti si espresse: mi sa che qualcuno lo ha stampato e portato al Papa da leggere.

L: Troppa grazia, Sant’Antonio. A pensarci bene non ho mai preso in considerazione il fatto d’essere tanto importante e influente. Credo che dovrò rivedere il mio status, già alto, sul mio valore. Diventerò un … vanesio: vanitas vanitatum et omnia vanitas! ( Ecc 1,2; 12,8-12; Ro 8,20-22)

D: Già. Non per nulla varcasti per ben due volte i legni di Damaso.

Però, al di là delle nostre supposizioni, avrai visto che ora han deciso di cambiare la parte incriminata. Ti piace la nuova dizione?

L: Ti dirò: a me non pare che abbiano fatto i Tuoi sommi druidi molto progresso, promuovendo come nuova dizione e non abbandonarci alla tentazione. E quando lo dicono in latino, cosa diranno?

D: Spiegati, Leo. Personalmente mi sembrava una buona cosa. Per il latino è ancora tutto top secret. O, meglio: a questo non hanno mai pensato.

L: E ti pareva? Scusa, ma Tu lo Pneuma non lo hai dato loro in zucca?

Sai, Divino Bambinello, cosa mi verrebbe voglia di dirTi dopo questa Tua prolifica esternazione?

D: Dimmi, Leo, senza trattenerti.

L: Ok: va là, pivello. Si vede che sei appena nato per dire così.

D: Dai, Leo, non essere così drastico. Elucubra invece sulla nuova dizione.

L: Vediamo se pur ancora “piccolo” riesci a seguirmi. Seguirò il metodo socratico.

D: Bene, vai che provo a seguirti.

L: Ipotizziamo d’essere in montagna. Io e Te andiamo ognuno per i fatti nostri. Essendo io più esperto, Tu, che non sei con me, decidi di seguire le mie orme per non trovarTi nei guai.

D: L’esempio è calzante e mi piace. Per una volta accetterò d’esserti dietro.

L: Ok. Mentre si ascende su ghiaccio io affronto un percorso tecnicamente impegnativo. Tu, a distanza, cerchi di imitarmi, ignorando le Tue capacità, con il bel risultato di trovarTi nei pasticci e incrodato.

D: E allora? Che c’entra questo esempio con la nuova dizione del Pater noster?

L: Aspetta, Piccoletto. Non ti agitare troppo che poi è peggio e magari … precipiti.

Tu sai che decenni fa fui insignito con la Croce di S. Giorgio del C.I.S.M.

Ebbene, a questo punto, io che sto andando per i fatti miei, mi accorgo che, molto più in giù, Tu sei incrodato e in grande difficoltà.

Le scelte che ho, allora, sono due: a) faccio finta di niente e proseguo per la mia strada; b) torno indietro, Ti assicuro e Ti calo fino al pianoro. Tirarti su con me, infatti, calcolando le Tue carenze tecniche, significherebbe mettere in pericolo Tu e me simultaneamente.

Tu che dici che dovrei fare?

D: Beh, Leo, mi pare lapalissiano. Tu porti la Croce di S. Giorgio; perciò hai l’obbligo morale di soccorrermi e salvarmi.

Diversamente, se precipito e muoio, tu sei responsabile della Mia morte, sia per la Legge divina che umana.

Ma lo sarebbe pure se tu la Croce di S. Giorgio non ce l’avessi.

Mi hai fatto un esempio di vita vissuto; come quando sulla Via dei seracchi salvasti quegli alpinisti incauti che avevano pensato bene di seguirti a distanza.

L: Bravo, Piccoletto. Sei perspicace e intelligente. Pare quasi che lo Pneuma sia in Te.

Ora, dimmi: se facessi invece finta di niente e andassi per i fatti miei lasciandoTi nei guai, cosa avrei fatto?

D: Mi avresti abbandonato!

L: Ecco, appunto: abbandonato. Proprio come nella nuova dizione proposta: non abbandonarci alla tentazione!

D: Scusa, Leo, ma non ti capisco. I miei fedeli mi pregano appunto perché non li abbandoni alla tentazione. Dove sta il problema?

L: Te lo dico io dove sta il problema tecnico: pivello due volte, Tu e i Tuoi sommi druidi.

D: Spiega, Leo, perché qualcosa a Me e ai Miei, secondo te dev’esserci sfuggito.

L: Infatti!

Ora, dimmi: a Te risulta forse che nonostante tutte le loro invocazioni i Tuoi fedeli non soccombano spesso alla tentazione?

D: Certo, Leo. Tuttavia poi si pentono ed Io li perdono e li riaccolgo nella Mia Grazia.

L: Già, su questo non discuto.

Il problema reale è: o non hai accolto la loro invocazione, perciò li hai abbandonati, oppure non hai potere su ciò.

Nel primo caso sei responsabile dei loro peccati, come io lo sarei della Tua morte se non tornassi sui miei passi, pur rischiando, per salvarTi.

Nel secondo caso saresti un Dio fasullo, un Dio di cartapesta, un Dio che teologicamente può, ma in effetti nulla può. In pratica un Dio inesistente e solo teorico.

 D: Sai, Leo, credo che tu abbia ragione. Quasi mi dà fastidio dartela, perché ciò significa dar torto ai Miei illuminati druidi, che a dire il vero proprio tanto illuminati non devono proprio essere.

 L: Beh, Bambinello, se lo dici Tu, io che dovrei dire?

Sai, facci sopra una bella risata, che tanto il mondo andrà avanti comunque allo stesso modo sia che dicano ‘e non ci indurre’ sia che dicano ‘non abbandonarci’ o altro.

D: Dimmi, Leo: ma secondo te quale sarebbe la dizione migliore?

L: Credo che quella che usano i Valdesi sia migliore di quella cattolica, anche se non eccelsa: non esporci alla tentazione. Tuttavia c’è l’imbarazzo della scelta: proteggici, salvaci, difendici, preservaci … Questi vocaboli sarebbero anche migliori della dizione valdese, perché non necessitando del ‘non’, escludono una Tua responsabilità diretta nell’azione, sollecitando solo un Tuo aiuto o collaborazione.

D: Senti Leo, dato che ci siamo: che ne pensi della nuova dizione nel Gloria ‘Pace in terra agli uomini, amati dal Signore’?

L: Ti risponderò indirettamente così: e a quelli non amati che gli fai?

D: Ho capito! Grazie di tutto, Leo. Ora torno tra i Miei. Mi staranno invocando su ciò.

Buon Natale!!!

L: Buon Natale pure a Te, Piccoletto. E cerca di crescere bene in Sapienza e Saggezza. Ciao.

D: Ok, Leo. Ti prometto che cercherò di  fare del Mio meglio. Su ciò c’è già il Padre che mi sprona assai.

L: Che vuoi, Piccoletto? Lui sta lassù e Tu, ora, quaggiù. Per il resto sono cavoli Tuoi, mica Suoi.

È un po’ come il Tuo tunghina bianca, quando dice: E non dimenticatevi di pregare per me. Buona domenica e buon pranzo. Poi, che succede? Che lui se la trova pronta a S. Marta, mentre il povero disgraziato se non ne ha si arrangia.

D: Leo, sei peggio del demonio. Mi turbi sempre il cervello. Fortuna che tra di noi ci sono due millenni. Diversamente mi avresti dato filo da torcere assai. Ora vado. Ciao.

 

Billyno, che stava lì accanto sulla sua sedia, con un balzo saltò in grembo a Leone per farsi coccolare, facendolo svegliare.

Leone aprì gli occhi, vide il monitor acceso e un bimbo luminoso che vi si smaterializzava. Quello stesso bimbo che vedeva dentro di sé, dormendo.

Come quasi d’incanto gli altoparlanti stereo del suo potente server fecero sentire delle voci. Le riconobbe come quelle dei fedeli della pieve che, guidati dalla voce metallica del druido burino, così declamavano: e non ci indurre in tentazione, ma liberaci dal male. Amen

Amen! Disse Leone, alzandosi per andare in bagno, prima di coricarsi.


Sesac


sabato 7 novembre 2020

PRESOLANA: tra storia e leggenda.

 

Alcuni storici fanno risalire il toponimo Presolana al Medio Evo; e precisamente alla guerra condotta da Carlo Magno (742-814) contro i Longobardi negli anni 773-774, terminata con l’assedio e la conquista di Papia (oggi Pavia), capitale del Regno Longobardo. Perciò, viaggiando tra scarni cenni storici e leggenda, nasce in quel periodo la denominazione attuale della Presolana.

Si racconta che le armate Franche, guidate da Carlo Magno, nell’anno 774 occupassero tutta la Valcamonica in cinque tappe, partendo da Lovere fino al Passo del Tonale. Nella prima le armate raggiungono Boario, nella seconda Breno, nella terza Grevo, nella quarta Edolo e nella quinta il Tonale.

A Breno vi era la rocca longobarda del feudatario Principe Alano, proprio dove si trova oggi il castello di Breno. Costui, dalla sua rocca, controllava e governava tutta la valle con un buon esercito; ma tuttavia non era minimamente in grado di contrastare l’imponente esercito franco. Perciò, per non essere annientato, corse incontro a Carlo Magno e si sottomise a lui. Carlo Magno accettò il suo vassallaggio e per ricompensa lo lasciò al suo posto al comando e a presidio della valle.

Avvenne, però, che quando Carlo Magno se ne fu andato verso Brescia, Alano riprendesse e instaurasse di nuovo il potere longobardo, arrestando il piccolo presidio franco ch’era stato lasciato per riscuotere le tasse e per l’amministrazione ordinaria. Alcuni franchi riuscirono però a sfuggire alla cattura e, datisi alla fuga, raggiunsero Carlo Magno per aggiornarlo. Questi tornò sui suoi passi con buona parte dell’esercito per riprendere il controllo  della rocca e della valle.

Alano, vistosi perduto e non avendo alcuna possibilità di battere l’esercito franco, pensò bene di fuggire sui monti per sottrarsi  alla cattura e all’annientamento. Perciò, col suo esercito imboccò la selvaggia Valle di Scalve e giunse a Colere. Da qui, vedendo  che l’esercito franco lo inseguiva pur a considerevole distanza, pensò bene di salire ancora più su, giungendo al Passo dello Scagnello (2.078 m) e divallando quindi coi suoi verso Valzurio. Si accampò nella piana del Moschel (1.265 m), pensando d’essersi così sottratto all’inseguimento.

I Franchi, però, non si dettero per vinti e dopo averli individuati valicarono pure loro il Passo dello Scagnello con buona parte dell’esercito, ingaggiando battaglia coi Longobardi nella piana in cui questi s’erano accampati. Dopo strenua difesa Alano si vide sopraffatto. Perciò, per sfuggire alla cattura si diede alla fuga con dieci suoi fedeli nobili cavalieri, cercando scampo sui monti circostanti. Giunti nella zona dove si trova l’attuale rifugio Rino Olmo, valicarono il Passo degli Agnelli (1.950 m) e si rifugiarono con i cavalli nella grande Grotta dei Pagani (2.259 m).

Un nutrito manipolo di Franchi, però, li inseguì; e, grazie alle tracce lasciate in alto dai cavalli di Alano sulla neve ancora presente in altura, riuscirono a individuare il tragitto e a trovare facilmente dove si erano nascosti, arrestandoli e incatenandoli.

Ne consegue che il toponimo Presolana provenga, secondo questa storia/leggenda da quei fatti bellicosi, grazie all’assonanza del luogo dove fu “Preso Alano” in “Presolana”. Non solo. Infatti la grotta in cui fu catturato Alano e i suoi fu chiamata da allora “Grotta dei Pagani”, essendo i Longobardi pagani rispetto ai Franchi, ch’erano cristiani.

Carlo Magno si portò seco incatenato Alano, giustiziandolo probabilmente poi. Però, prima di lasciare Lovere e la Valle Camonica, con editto imperiale stabilì che due importanti rocche avanzate longobarde venissero trasformate  in chiese e santuari cristiani. Che sarebbero oggi i due santuari: della Madonna della Torre a Sovere e quello di S. Giovanni sul Monte Cala a Lovere.

domenica 30 agosto 2020

E notte pare!


Scoscia irata la pioggia sulla selce
della corte scura.
Battente è; e or da lungi e ora ivi
s’ode il sordo tuon.
Estate è ancor!

Ma il tempo delle castagne pare,
fresco e umido è.
Ciel e lago si fondon in tutt’uno
di caligine ombrosa.
Mezzodì è!

Batton rintocchi le campan della pieve,
dell’ora sesta il segno,
al villan, ma lente e roche sono,
pur se compieta pare.
E notte pare!


lunedì 17 agosto 2020

Le riforme che mai si faranno.


La vicenda Ubi/Isp pone sotto la lente dell’analista delle considerazioni particolari, la prima delle quali è: che vogliano fare questi governati, sia nostrani che Ue.
Continuamente, infatti, a ogni piè sospinto si sente declamare fino alla noia che servono le riforme, anche se ci si guarda bene dal specificare chiaramente al popolo quali siano queste riforme.
I più smaliziati avanzano il sospetto che non lo si dica apertamente, perché diversamente il partito dei “forconi” prenderebbe subito corpo ovunque per “inforcare” materialmente i politici, specie quelli che da decenni si sono dimostrati nei fatti i “servi” della finanza e del potere economico: la Sx (Pd)!

Il nostro Debito sovrano ha raggiunto nuovi picchi (2,530 mld secondo la Banca d’Italia) grazie sia allo sforamento di bilancio dovuto alla pandemia (ma non vi erano altre alternative?) sia a quell’assistenzialismo a pioggia che ha investito un po’ tutte le categorie sociali, creando più danni che utilità.
In questi giorni si è prodotta la caccia alle streghe per quei 5 deputati (in realtà 3) che hanno ottenuto il bonus, ma che in realtà, conseguendolo, non sono incorsi in alcun reato, ottenendo solo ciò che il Governo con i vari Dpcm aveva stabilito per tutti. Certo, si può anche discutere sull’opportunità politica di richiederlo; tuttavia il discorso va spostato a monte e cioè: quanti pasticci ha creato questo Governo deliberando in tal senso?
Perché 3 deputati possono creare uno sbilancio irrisorio di 1.800 €, ma centinaia e migliaia di avvocati, notai, imprenditori, commercianti e via dicendo producono esborsi di mld. Per cui nasce la domanda spontanea: tutti costoro sarebbero morti di fame senza quel bonus, considerate le loro entrate e patrimonio? Oppure i vari Dpcm in materia dovevano prevedere vincoli o restrizioni per darli a chi ne aveva realmente bisogno?
Basti pensare ad esempio al bonus auto elettriche o vacanze per capire a chi questi bonus andranno. A chi può spendere comunque, bonus o non bonus!
Qualcuno immagina forse che una famiglia normale che non riesce ad arrivare a fine mese possa permettersi il lusso di andare in vacanza spendendo migliaia di € - che non ha - per avere un bonus governativo di 500 €?
Oppure la stessa famiglia si può concedere il lusso di acquistare un’auto da 60.000 € per ottenere il bonus governativo di migliaia di €? Chi ottiene e otterrà questi bonus? Quelli che comunque possono spendere, indipendentemente dal bonus. Perciò i benestanti.

Secondo la Banca d’Italia il Debito sovrano nel 2019 fu di 2.409.841 mln di €, con un Pil di 1.787.664 mln.
Ora, considerando il fatto che siamo solo a poco più di metà anno e che il Pil avrà un drastico ridimensionamento a due cifre, avremo che si ridurrà a 1.400/500 mln (ammesso che la pandemia non crei ulteriori problemi) e perciò è facile prevedere che il rapporto Deb/Pil salga intorno al 170%, se non oltre.
Senza considerare il probabile ricorso al Mes e al Recovery fund, che anche se non conteggiati in bilancio lo farà schizzare verso o oltre il 200%, secondo ciò che s’intenderà ricevere.
Questi fondi Ue – si dice – saranno usati per rilanciare il Paese e ammodernizzarlo (infrastrutture, digitalizzazione, sanità, scuola …), salvo poi doverli rendere tra 6 o 10 anni.
Però uno Stato non produce utili, semmai lo fa produrre alle imprese. La storia dice che gli stati dei nostri tempi producono disavanzo, quindi debito sempre maggiore. Ne consegue che a tempo debito che si renderà per ripagare il debito: le infrastrutture, le scuole, la sanità, la digitalizzazione … le banche e i c/c dei cittadini?
Il sospetto viene spontaneo, perché il Governo garantisce con le banche 400 mld di prestiti alle imprese, pur essendo indebitato fin oltre i capelli di suo. Prestiti che se andranno male le cose saranno altrettanti Npl.

L’operazione Ubi/Isp nasce dai decreti del Governo Renzi, su sollecitazioni Bce e Ue, con la trasformazione obbligatoria delle Popolari in S.p.A., dando il via a quelle continue aggregazioni e acquisizioni (a costo zero) che diversamente sarebbero state impossibili con il voto pro capite.
A ben guardare per Isp è un’operazione in utile, perciò che crea un surplus operativo e non un costo, fatta a spese e a carico di tutti gli azionisti Ubi: gli unici che si troveranno a pagare il conto. Guardando nel dettaglio Isp ha sì deliberato un aumento di capitale cash di 1,1 mld per far fronte a corrispettivo di 0,57 €/azione Ubi - spendendone effettivamente circa 581 mln - ma si ritroverà a incassarne molti di più dalla cessione di 532 sportelli Ubi a Bper.
Chi pagherà il conto di tutto ciò? L’azionista Ubi, che a fronte di un’ipotetica partecipazione azionaria e di voto del 1% in Ubi ora si ritroverà ad averne in Isp molto meno della metà, compresi i dividendi futuri. Tutto ciò per il misero corrispettivo di 0,57 € per azione.
Queste, purtroppo, sono le riforme … necessarie, fatte o da farsi a breve. Quelle - come si dice in borsa -adatte a pasturare il parco buoi.

giovedì 4 giugno 2020

La recessione non è figlia del Coronavirus.



Osservando la storia dell’ultimo mezzo secolo si nota che ognuna delle quattro ondate di accumulo del Debito pubblico ha prodotto sempre una crisi mondiale.
Ora siamo alla quinta ondata, che è iniziata ufficialmente nel 2010 e mai terminata, molto più imponente e complessa delle precedenti. È tuttora in corso e il Coronavirus la sta facendo deflagrare ovunque. Non vi è nazione che ne sia indenne.
Incolpare il virus (Covid-19) è tanto semplicistico quanto inetto. Appunto perché la crisi non è nata ora, ma si protrae da vario tempo. È una crisi di liquidità: negli stati, nelle imprese, nelle famiglie.

La crisi attuale trae le sue origini dal fallimento della Lehman Brothers che nel settembre 2008, avvalendosi del Chapter 11 (procedura fallimentare Usa), dichiarava che i suoi debiti erano così composti in milioni di $: bancari 613, obbligazionari 155, di attività 639.
Creando, di fatto, la più imponente bancarotta nella storia sia degli Usa sia del globo. Innescando un effetto domino su tutte le banche del pianeta.
Che erano le ‘attività? Per lo più subprime: i mutui concessi (allegramente) ai privati a basso rating (interesse).
La crisi dei subprime nasce ovviamente prima e trae la sua origine dalle manovre espansive monetarie Usa - poi copiate dagli altri stati - per il rilancio dell’economia degli anni ’90. In quel credere che per rilanciare l’economia basti inondare di soldi, con mutui e fidi, il sistema, compresi quei soggetti che non possono accedere ai tassi d’interesse di mercato, perché hanno avuto problemi pregressi nella loro storia di debitori.
I subprime, in sostanza, sono dei Npl, perciò crediti per lo più inesigibili. Uno dei tanti Npl che gravano su tutte le banche del pianeta. La cui esigibilità imporrebbe il fallimento del soggetto, con conseguente perdita e fallimento quasi sicuro della società erogatrice.

La storia insegna che un debito è sostenibile in rapporto al Pil prodotto, sia questo individuale, societario o nazionale. Appunto, però, perché legato al Pil il rischio è precario, poiché il Pil è certo al momento (retribuzione o ricavi), ma solo ipotizzabile in prospettiva.
Ecco perché il virus, con il necessario lockdown, ha accentuato l’attuale lunga crisi: sono aumentate le spese e diminuiti gli introiti. In pratica ha fatto saltare tutte le linee economiche programmate.

Secondo il lif (Istituto di finanza internazionale) il debito globale nel 2019 era del 322% del Pil globale (+ 40% sul 2008), per un ammontare complessivo di 255 mld $ e così composto: 74mila delle aziende non finanziarie, 70mila dei governi, 63mila delle società finanziarie e 48mila delle famiglie.
Con la sottolineatura che il debito dei governi vale l’80% del Pil globale. Stati Uniti al primo posto.
E se il Pil crolla?
A marzo 2020 le emissioni di titoli di Stato nel mondo sono ammontate a 2.100 mld, altro record e livello più che doppio rispetto alla media degli ultimi tre anni.
In base a ciò il lif prevede che il debito mondiale quest’anno possa salire di 20 punti, dal 322 al 342% del Pil; per superare nel 2022, per la prima volta nella storia, il 100%.

Gran parte del debito arriverà dalle economie avanzate.
Stando alle previsioni ante virus, gli Usa chiuderanno l’anno con un deficit di 4mila mld $, il Giappone di mille $, l’Ue di 942 mld €. Mentre il debito pubblico complessivo degli Stati della moneta unica salirà da 10.250 a 11.440 mld €.
Le stime del Fondo monetario internazionale sul rapporto debito/Pil 2020 di molti Paesi del G7 sono stupefacenti: 131% gli Stati Uniti, 251% il Giappone, 155% l’Italia, 115% la Francia. Cifre da capogiro!
Sempre secondo il fondo, tuttavia, l’aspetto positivo per le economie ‘avanzate’ è che tutto questo debito è attualmente ‘sostenibile alle ‘condizioni attuali’.
Che significa? Che a tassi quasi allo zero il conto interessi per ogni singolo debito sovrano è sostenibile. Infatti, per tutti i paesi ‘ricchi’, Italia compresa, pur avendo aumentato di molto il rispettivo debito pubblico, la spesa per pagare gli interessi in rapporto al Pil è oggi inferiore a quanto fosse nel 2007, alla vigilia della grande crisi. Questo nonostante il rapporto debito/Pil sia in molti casi aumentato di almeno 40 punti percentuali.
Non per nulla tutte le banche centrali stanno iniettando nel sistema migliaia di mld a tassi prossimi o uguali a zero.

Ponendo un esempio: se vi è una massa monetaria in circolazione di mille mld il costo dei prodotti e servizi ipotizziamolo a 1. Se la portiamo a 2mila, il relativo costo, a parità di prodotti, salirà a 2. In pratica creerà un’inflazione del 100%.
Perché, ovviamente, il costo di ogni immissione di denaro non sarà a costo zero, anche se il tasso per i Debiti sovrani sarà anche nominalmente quasi, uguale a zero o addirittura negativo. È la massa monetaria circolante che crea inflazione, perché il suo costo sistemico effettivo va rapportato ai vari prodotti.
Da cosa lo si evince? Dai tassi negativi imposti dalle banche centrali alle rispettive banche sui depositi.
Non per nulla tutti i correntisti pagano, da alcuni anni, costi elevati sulla gestione dei propri conti correnti. Conseguenza indiretta di questa imposta.
Presso la banca centrale (Bce) vi sono due tipi di deposito. Il primo, obbligatorio, rappresenta l’1% dei depositi della clientela e non è gravato da tassi; il secondo è relativo alla liquidità in eccesso che le banche hanno.
Il primo è di circa 130 mld €.
Il secondo è superiore ai 1.700 mld € e in costante e notevole aumento dal 2014, per lo più generato dalle varie misure monetarie espansive messe in atto dalla Bce: Ltro (long term refinancing operation – prestito agevolato alle banche per 4 anni a tasso zero), T-Ltro targered (prestito elargito a tasso quasi zero in funzione di successiva erogazione di parte di questi all’economia reale), vari lanci di Qe (quantitative easing – per acquisto di titoli soprattutto governativi, ma pure societari). Su questo deposito le banche pagano il tasso negativo dello -0,40%.
Le banche centrali che attualmente praticano tassi negativi sono, oltre alla Bce di cui si è appena detto sopra: Bns (Svizzera) -0,75%, Boj (Giappone) -0,1%, Bnd (Danimarca) -0,65%, Bcs (Svezia) -0,25%.
Ciò sta dimostrando che l’immissione costante di liquidità nel sistema non raggiunge lo scopo proposto di alimentare e sostenere l’economia se non in minima parte; creando, di conseguenza, una liquidità eccessiva che ha, con i tassi negativi imposti, un costo che ricade poi su tutti più o meno indirettamente. Diversamente non ci sarebbe recessione, né un eccessivo deposito di liquidità presso la Bce, specie dai paesi Core.
Ne consegue che le politiche monetarie delle banche centrali sono fallimentari e aleatorie: tamponi provvisori a stati di emergenza o a situazioni degenerate che si protraggono da qualche tempo.
Non è, infatti, con l’assistenzialismo finanziario e pubblico che si risolveranno i problemi di una società intenta a spendere (sprecare) da decenni più di quanto produce e più di quanto potrebbe permettersi. Perché l’attuale assistenzialismo sfrenato è destinato solo a incancrenire una situazione economica già complessa.

Pure per i paesi emergenti il debito è in costante e rapida crescita, anche se più sostenibile nei tassi rispetto al passato e per lo più in valuta estera (8.300 mld $ - nuovo picco storico, più che raddoppiato in soli 10 anni), favorito da tassi bassi e dollaro debole.
Si calcola che abbia superato i 72mila mld $, di cui 5.300 mld nel 2019 e con 730 mld in scadenza nel 2020. Buona parte di questi ultimi è a rischio default: Argentina (già 8 default all’attivo), Libano ed Ecuador (che han già mancato i pagamenti), Zambia, Gabon, Mozambico, Congo, Suriname e altri ancora.
Mentre per altri il costo interessi e ormai insopportabile, perciò superiore al 20% delle loro entrate: Gibuti 60%, Libano 40%, mentre Sri Lanka, Angola e Montenegro sono oltre il 30%.
Nel complesso il debito dei Paesi emergenti, escluso il settore finanziario, ha raggiunto il 187% del Pil con l’incredibile punta di Hong Kong del 365%.
Su tutti questi debiti aleggia il rischio tapering, qualora gli Usa volessero precedere in futuro alla normalizzazione (aumento) dei tassi.

Nel 2020 sono in scadenza bonds del Debito pubblico da rifinanziare per un controvalore di 19mila mld $, di cui il 30% nell’area dei Paesi emergenti (soprattutto Cina, India e Brasile). Nei mercati ‘maturi’, i Paesi che saranno chiamati al più ampio rollover (rifinanziamento) del debito sono Usa, Giappone e Germania.
Pure il debito delle famiglie sta esplodendo, raggiungendo nuovi record in Belgio, Finlandia, Francia, Libano, Nuova Zelanda, Nigeria, Norvegia, Svezia e Svizzera. Mentre in Canada, Francia, Singapore, Svezia, Svizzera e Stati Uniti si registrano nuovi picchi storici per il debito delle società non finanziarie.

Il mondo galleggia su un oceano di debiti. Un oceano che tutti cercano di ignorare, fingendo che tutti questi debiti siano ancora esigibili. In realtà sono veri e propri Npl che prima o poi inabisseranno tutti e tutto, senza distinzione: paesi ricchi e poveri, aziende sane o fallimentari. Tutti saranno chiamati a pagare i costi di questo lieto e incauto incedere, anche se i vari Stati non dichiareranno default formale.

In Ue, Bce e Commissione Ue lanciano centinaia e centinaia di mld sul mercato, per lo più destinati a sostenere (acquistando bonds) l’incremento incontrollato dei debiti sovrani. Con l’Italia che in questi giorni lancia bond continui da decine e centinaia di mld sul mercato per arginare rinnovi, maggiori spese e minori entrate fiscali.
Finanziamenti che secondo l’autorevole governatore Visco non saranno mai a costo zero e che prima o poi saranno da rendere.
Si vaneggia sui recovery bonds o sul Mes, che saranno accessibili anche per una cifra complessiva di 500 mld. Cifra che, all’incirca, equivale al 30% del Pil nostrano.
Qualcuno a posto di mente è in grado di dire quando si potranno rendere? Tra mille anni forse, andando tutto a gonfie vele.
Pure il governo Conte garantisce finanziamenti immediati (che pochi hanno visto finora) a persone, famiglie e imprese per ben 400 mld, dimenticando che ciò, in caso di mancata restituzione, ricadrà sui conti del garante.
Come mette in bilancio decine e decine di miliardi per reddito di cittadinanza, reddito di emergenza o bonus vari per incentivare i consumi, spesso e volentieri per beni voluttuari come ad esempio i monopattini o le vacanze. Questo, infatti, è il costo da pagare per aver smantellato l’industria ed aver incrementato il terziario.

Il coronavirus non ha minato solo la salute di molti e creato decine di migliaia di morti, ma ha alterato la lucidità dei governanti, semmai l’abbiano avuta prima.
Si è passati in un attimo dall’austerità al monetarismo e all’assistenzialismo sfrenato.
Si è passati dall’assoluta mancata prevenzione (sacra, nella difesa dei diritti costituzionali, per alcuni ministri) alla restrizione totale degli stessi diritti costituzionali, con il lungo lockdown.
Sarebbe interessante chiedersi come mai in altri stati non si siano mai chiuse le scuole, oppure perché dopo poche settimane siano state riaperte. Mentre in Italia non esiste ancora alcun progetto definito per la riapertura di settembre.
Forse - è la Speme di Foscolo - il virus starà mutando e sarà sempre meno aggressivo grazie all’immunità naturale di gregge, rendendo inutili pure i vari vaccini, che non si sa quando potranno essere disponibili.
Forse l’economia e i mercati ripartiranno di slancio recuperando il tempo perduto e tornando ai livelli ante virus.
Forse assisteremo a un nuovo boom economico, come quello del dopoguerra, basato sul produrre per consumare e spendere. Che però ci ha portato alla situazione economica e finanziaria attuale.
Forse la globalizzazione sarà drasticamente ridimensionata, annullando la delocalizzazione che ha ridotto notevolmente gli assets industriali dei paesi occidentali.
Forse lo Pneuma, oltre al tempio del corpo umano (Bergoglio), prenderà casa anche nell’economia, smentendo il Papa stesso.
Sta di certo che i debiti fatti in questo periodo verranno prima o poi al pettine, alimentando la quinta crisi attuale mondiale; oppure generandone una sesta.
Perché, in sostanza, la storia insegna che le cinque crisi attuali si sono succedute in modo sempre più virulento, traendo la loro singola origine dalle precedenti. Sopite ma mai risolte.